VI. IL FIGLIO DI G. B. VICO
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che si partiva dal Bianchi, egli aveva imparato qualche
cosa; e che però la sua memoria gli era cara e onorata.
Egli fu, che, letti con piacere e lodati due dei primi scritti
del Settembrini, li fece vedere a monsignor Colangelo,
pregando costui di proporlo come professore in un col¬
legio. E poiché il Colangelo rispose che quelle cattedre si
davano per esame, fu il Bianchi a spronare il Settem¬
brini all'esame, e fece, quindi, di lui un professore. Non
avesse fatto altro, per amore del Settembrini, destinato a
salire quella cattedra stessa ai letteratura italiana, il buon
canonico meriterebbe il nostro ricordo e la nostra sim¬
patia.
Ma la vera e viva scuola di letteratura a Napoli allora
non era nell’ Università. Lo stesso Settembrini rammenta
che « mentre nell’ Univer ita il Bianchi leggeva agli scanni
e a quattro studenti, il marchese Basilio Puoti aveva in
casa sua una fiorita scuola di lettere italiane, dove conve¬
nivano oltre dugento giovani » I. E dagli eccitamenti del
Puoti a uno studio amorose degli scrittori, ma sopra tutto
dal potente lievito degli studi filosofici promossi dal Gal-
luppi e dal Colecchi con l’esposizione e la critica delle
moderne dottrine germaniche, e quindi da quel fervore di
pensiero, che dagli scritti delbeclettismo francese, da
Hegel, da Vico attingeva materia di speculazioni non più
tentate e motivo a una trasformazione filosofica degli stessi
studi letterari, eromperà la prima scuola di F. De Sanctis,
quale ci è rappresentata nel libro della sua Giovinezza.
Il movimento, iniziato da Marinelli e da Cuoco, e subito
arrestatosi, sarà ripreso per virtù di una mente geniale,
che creerà la critica e la storia della letteratura italiana:
il contenuto più razionale dell’insegnamento, di cui ho
narrato i timidi inizi e il primo incerto svolgimento.
1 Ricordanze, I, 79,