VI. IL FIGLIO DI G. B. VICO
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Non credo poi Gennaro tanto modesto da non credersi
uno di questi vere docti ! Egli ben sentiva per sua espe¬
rienza che la Scienza Nuova
non est ex eo librorum genere, saeculi commoditati obsecundan¬
tium, quos sagina graves, in lecto strati, supini et oscitantes,
aut fallendi temporis aut somni conciliandi gratia in manus
sumuntur, in quibus omnia extant omnium oculis exposita. Si
iterum legas, leges eundem, ut animum despondens tertio legendi;
aurum autem natura occultum et latens, indagatione ex terrae
visceribus, in quibus jacet, patefaciendum eruendumque.
Oh 1’animo intento e la commozione di Gennaro,
quando rileggeva per la ventesima o trentesima volta
(non aveva letto 35 volte il suo Tacito il padre, scopren¬
dovi sempre qualche cosa di nuovo ?) la maggiore opera
paterna, con la testa fra le mani, e la memoria che correva
indietro a rivedere il vecchio Giambattista, languente in
un angolo tristo della casa, dove Gennaro rimase ! E qual
dolore non dovè essere per lui che l’edizione non si facesse
più ! Negli anni più tardi vi fu chi gli rifece nascere la
speranza di veder ristampati in un corpo gli scritti paterni.
Sollecitava l’edizione un giovane di grande ingegno, che
studiava profondamente Vico ed era capace d’intenderle.
A Gennaro forse fu presentato dal suo sostituto Ignazio
Falconieri, che con quel giovane aveva dimestichezza,
e doveva di lì a poco metterlo a grave repentaglio, traen-
dolo seco segretario nell’organizzazione repubblicana d’un
dipartimento della repubblica del ’99. Questo giovane
era Vincenzo Cuoco. Il quale però, pochi anni più tardi,
nel 1804, scrivendo da Milano all'ideologo De Gérando,
ricordava: «Una buona edizione di Vico [...] forse si sareb¬
be fatta in Napoli, ed eransi a tal fine preparati molti
materiali. Si era invitato il figlio, allora ancor vivo *, a
1 Al Cuoco, da cinque anni lontano da Napoli, pareva impossibile
che il vecchio Gennaro vivesse tuttavia !