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STUDI VICHIANI
e declinatoria di foro, la quale è del tenore seguente, videlicet:
Dichiaro e mi obbligo etiam cum juramento quatenus opus, che,
anticipandomi l’avviso de’ vostri favori, io sia tenuto farvi truo-
vare non più né meno né altro di quello che è mio ordinario
mangiare, intendendosi d’anticipazione a solo fine che non
restiamo tutti digiuni b
Intorno al 1790, a cagione di grave infermità soprav¬
venutagli, Gennaro Vico fu costretto a smettere il suo
insegnamento. Non potendo più leggere la memoria d’ob-
bligo all’Accademia, perdette, non saprei dir quando,
anche quel posto. E si preparò al triste tramonto. Dissi
sopra 2 che, nel 1797, rivolse una supplica a Ferdinando IV,
per esporgli il suo misero stato, e chiedere un sussidio.
Dopo il tratto già riferito, il vecchio Vico continuava
a raccontare di sé:
Anni addietro essendoglisi aperto un gran tumor cistico, che
da tanti anni aveva alla gola, con un fiume perenne di sangue,
che per cinque mesi lo tenne inchiodato in un fondo di letto,
disperato da’ medici, il fu don Nicola Frongillo, degnissimo Let¬
tore dell’ Università, lo curò, ed espressamente gli proibì, che non
avesse pensato più a montar sulla Cattedra, perché avrebbe
corso evidente pericolo di discenderne morto. Il quale ancor tiene
1 La lettera nella minuta, da cui la pubblico, non ha né data né
intestazione; ma nello stesso foglio, a riscontro della minuta della
lettera, sono due abbozzi, pure di mano di Gennaro, della seguente
epigrafe :
Villam hanc suburbanam
breve otii negotiique confinium
acris salubritate laxiorisque amoenitate prospectus
facile principem
N. Blanch Campilactaris Marchio
sibi emptam sibi auctam
atque
ad ingeniosissimam elegantiam
compositam instructamque
genio suo comparavit.
Mi par ovvio che la epigrafe sia stata composta dove fu scritta la
lettera, cioè nella villa Blanch, ora Famiglietti, a Mojarello (Capo-
dimonte).
2 Vedi p. 220.