III. LA li E LA III FASE DELLA FILOSOFIA VICHIANA I4I
bensì, col solito dire e disdire: perché prima si assicura che
« se il Vico lesse e studiò le opere del Ficino e dei Platonici, non
ne bevve però gli errori dommatici » : il che vorrebbe dire che
questi errori intanto nel Ficino ci sono; poi si garentisce che
« quel letterato [cioè, il Ficino appunto] era assai ben ferrato in
teologia cattolica » e che « la sua Theo logia platonica altro non
è che una teologia cristiana » e che « è assai difficile ammettere
che il F. e dopo di lui il V. accogliessero il panteismo» (341-2).
Che diamine ! Bruno sì: egli, tra il Ficino e il Vico, egli accolse
il panteismo, « perciò incorse nelle condanne della Chiesa ».
Ma sta a vedere che i sognatori alemanni e i nuovi
hegeliani napoletani hanno scoperto essi che il
buon canonico di Santa Maria del Fiore accolse l’emanatismo
plotiniano, pure sforzandosi di accomodarlo coi dommi cristiani.
Io confesso di non conoscere storico della filosofìa degno di questo
nome, che lo metta in dubbio; e mi pare che potrebbe bastare
per tutti il Vacherot, autore di una Histoire critique de l’école
d’Alexandrie, che è della metà del secolo passato, ma che non è
stata ancora sostituita. Il quale, dopo dimostrato che nella stessa
Theologia il Ficino espose la dottrina di Plotino avec un ordre,
une clarté, une précision qu’on ne retrouve point dans les Ennéades,
osserva: <1 En devenant Alexandrin, Ficin voudrait rester orthodoxe.
Mais il est facile de s’apercevoir qu’ il ne conserve guère que la
langage de la théologie chrétienne. Il prête à Dieu tous les attributs
psychologiques dont le dépouillait V idéalisme néoplatonicien....
mais il les détruit pour les définitions et les explications tout Ale¬
xandrines qu’ il en donne.... La psychologie de Ficin est encore
plus complètement alexandrine que sa théologie », ecc. (t. III,
pp. 180-1). Sicché questa almeno del panteismo ficiniano non è
poi la grande eresia alemanna o napoletana !
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