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STUDI VICHIANI
fatti una scienza nuova, ma che non è altro che una
nuova filosofia, un nuovo sistema filosofico. Il pensiero
vichiano perciò è un nocciolo chiuso dentro un forte
guscio; e chi non è in grado di rompere il guscio, non
può gustare quel pensiero.
Ora questo guscio, come dicevo, non si spiegherebbe
senza la cultura speciale del Vico: cultura anacronistica,
certamente, ma italiana. Quella inutile fatica che si dà
l’autore del De antiquissima di sforzare il significato di
talune voci latine per farne altrettanti documenti di un
pensiero italiano antichissimo, da farsi risalire, secondo
probabili congetture, fino alla filosofia degli egiziani l, ri¬
chiama bensì il Cratilo di Platone 2 4, ma si riconnette ben
più da presso al metodo dei neoplatonici italiani del Rina¬
scimento, che aveva, a sua volta, la sua buona ragion d’es¬
sere nel sec. XV e nel XVI, ma diventa una semplice
«maniera» letteraria nel XVIII; quantunque qualche
suggerimento o incoraggiamento ad usarne possa il Vico
aver ricevuto dagli stessi scrittori contemporanei 3. Il
neoplatonismo italiano del Quattrocento risaliva anch'esso,
per la trafila di Platone, Filolao, Pitagora, Aglaofemo,
Orfeo, Mercurio Trimegisto, fino all’arcana e favolosa sa¬
pienza egiziana 4 : ed era uso comune a tutti i filosofi pla-
tonizzanti di esporre il proprio pensiero come dottrina
de’ più famosi ed antichi, ancorché non mai esistiti, filo¬
sofi e sapienti. Tipico per questo rispetto il sincretismo
del De perenni philosophia di Agostino Steuco (1540), dal
Vico menzionato tra gli autori da lui tenuti in maggior
considerazione.
1 Vico, Seconda risposta al Giorn. dei letterati, § i; Opp., I, 242-8.
2 Ricordato dallo stesso Vico nel Proemio.
3 Giovanni Rossi, Vico nei tempi di Vico : La cosmologia vichiana,
nella Rivista filosofica, voi. X (1907), pp. 602 sgg.
4 Ficino, Argomento premesso alla sua trad. del Pimandro.