II. LA PRIMA FASE DELLA FILOSOFIA VICHIANA
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vecchie Orazioni inedite, è indotto a dubitare se per avventura
non solo l’anticartesianismo ma fors’anche lo stesso neoplato¬
nismo di questa prima fase del pensiero vichiano non sia, almeno
in parte, una coloritura tardiva che l’autore medesimo fece del
proprio pensiero. Codesti suoi dubbi il Nicolini mi ha amiche¬
volmente comunicati. E sebbene a me sembrino eccessivi, sopra
tutto se si tien presente la logica dello stesso sviluppo del pen¬
siero vichiano, non voglio qui tralasciare di riferire talune sue
osservazioni, delle quali bisogna tener conto ancorché non ba¬
stino a suffragare le conclusioni che il Nicolini tende a ricavarne.
Prima di tutto a proposito del cenno autobiografico sul Di
Capua da me richiamato a p. 39:
« Non ho fatte ancora ricerche speciali sulle derivazioni del Vico
da Tommaso Cornelio. Ma quanto a Lionardo di Capua (che
abitava a Napoli a pochi passi dalla casuccia del Vico, a San Biagio
dei Librai), posso affermare di sicuro che il Vico nella sua gioventù
fu un fervente ‘ capuista e che il giudizio non favorevole dato
nell 'Autobiografia sullo scetticismo del Di Capua è, al solito,
anacronistico; e cioè rappresenta lo stato d’animo del Vico nel
1728, non nel 1695. Tutto ciò è mostrato nella terza puntata
del mio lavoro Per la biografia, ove, tra altri argomenti, son
messi in rilievo questi:
« a) la prosa giovanile del Vico (periodo, costruzione, termi¬
nologia e giro di frase) è modellata esattamente su quella di
Lionardo di Capua;
« b) ancora nel 1715-17 il Vico era (almeno letterariamente)
così capuista, da ricalcare la sua Vita di Antonio Car afa sulla
Vita di Andrea Cantelmo del Di Capua (fu già osservato anche
dal Croce nel suo scritto sulla Vita di Antonio Carafa);
« c) nella famosa disputa tra il Di Capua e l’Aulisio, che per
anni tenne divisa la Napoli dotta in due partiti avversissimi, che
polemizzarono tra loro nel modo più violento, il Vico, insieme
con altri suoi amici capuisti, si schierò risolutamente accanto al
Di Capua; tanto che per parecchi anni l’Aulisio gli serbò il broncio
e gli perdonò soltanto nel 1709, dopo che il Vico ebbe pubblicato
il De studiorum ralione (cfr. Autobiografia, p. 33).
« Insomma, qui come in molti altri punti dell’Autobiografia,
il Vico, nel discorrere dei suoi studi giovanili, trasportò alla sua
forma mentis giovanile quella dei suoi sessant’anni: da che la
conseguenza che, per la ricostruzione della primissima fase del
suo pensiero, l’Autobiografia è una fonte assai infida. Diverso,
naturalmente, dovrebb’essere il caso per la ricostruzione del