7<S I. I PROBLEMI DELLA SCOLASTICA
rabberciate la premessa, e allora 1’ insipiens non vi se¬
guirà più, e la fede non diventerà intelletto.
6. Onesta critica, in verità, è troppo facile. Quel che
può interessare non è Terrore di Anseimo, ma la causa
del suo errore. A intender la quale, conviene riflettere
che quella petizione di principio a cui si riduce l’argo-
rnento ontologico, è (secondo un’osservazione antichis¬
sima) la petizione di principio di ogni sillogismo: quella
petizione di principio, a cui si riduce tutto il pensiero
concepito dal punto di vista platonico: — che è poi
un’osservazione, che non so se sia stata fatta ancora, ma
merita di essere attentamente meditata, se si vuole scor¬
gere la radicale trasformazione avvenuta nel pensiero
umano dalla filosofia antica, che io dico greca, alla mo¬
derna, che dico cristiana. Chi pronunziò la parola più
profonda per esprimere il concetto greco del pensiero in
rapporto alla realtà, la parola che si può dire la chiave
di volta di tutta la filosofia greca, è Parmenide, T aISolóq re
àpoc Set,vó<; Parmenide J, quando affermò essere lo stesso
pensare essere: tò yàp àuro vostv egtiv ts xaì si va'.2 :
quell’essere appunto, di cui gli Eleati fermarono in eterno
la logica rigorosamente governata dal principio d’identità ;
quell’essere, che non può variare, e però esclude ogni
processo, e quindi anche il pensiero in quanto processo.
Il solo pensiero che seppero concepire i filosofi greci è
infatti pensiero senza processo: pensiero in sé, che è im¬
mediatamente tutto il pensiero. Tale il pensiero della
logica aristotelica, dalle categorie agl’ individui, dall’ uno
ai molti, tutto in sé concatenato e fermato, sì che nella
estensione dell’uno si raccolgono i molti, e nella compren¬
sione dei singoli molti sia immanente l’uno. Di modo che
1 Platone, Theaet., 133 E.
ì Fr. 5 (Diels).