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DIO E IL MONDO
i. Che per intendere bisogna credere lo disse Anselmo
d’Aosta (1033-1109), arcivescovo di Canterbury 1 : ncque
enim quaero intelligerc ut credam, sed credo ut intelligam.
Nani et hoc credo, quia, nisi credidero, non intelligam. E l’a¬
veva detto, come tutti sanno, Agostino: credimus ut
cognoscamus, non cognoscimus ut credamus. Ma, non dob¬
biamo forse dirlo anche noi ? O c’è una filosofia che non
prenda le mosse da una fede ?
Questo problema, intorno al quale si sono addensati da
secoli tanti pregiudizi di vuoto razionalismo, impedendo
la libera ed esatta interpretazione, non pur dei sistemi
scolastici, ma di molte filosofie anche recentissime procla¬
manti la necessità di un fondamento creduto alla specu¬
lazione razionale, merita, qui subito a principio, qualche
chiarimento, affinché si possa vedere nel suo netto con¬
torno il concetto medievale dei rapporti tra filosofia e
teologia. E per esprimere più apertamente il mio pensiero,
io mi permetto di allontanarmi ancora un momento dalla
scolastica; e osservare primieramente, che il problema
delle attinenze tra fede e scienza, tra credere e intendere,
tra teologia e filosofia e simili, è uno di quelli che, per
essere stati posti nella storia del pensiero umano, sono
Proslogium, I.