I. I PROBLEMI DELLA SCOLASTICA
risponde con 1’ immagine giovannea della luce illuminante
ogni uomo che viene in questo mondo: quella luce, che
dall’uomo interiore di Agostino ci riporta al pensiero
estramondano di Aristotele. Vi offre una definizione, che
è stata tante volte fraintesa: Veritas intellectus est adae-
quatio intellectus et rei, secundum qnod intellectus dicit esse
qnod est, veI non esse quod non est e
Dunque, s’è detto, per Tommaso la misura della cono¬
scenza è nella cosa in sé. No, questo ingenuo realismo pos¬
siamo trovarlo in qualche empirista recente di quelli che
dommaticamente facevano della sensazione un simbolo o
un segno della cosa esterna. Ma gli scolastici, e sopra tutti
Tommaso, avevano troppo bene studiato il loro Aristotele
per ignorare l’intelligibilità delle qualità, che sono ap¬
punto forme, e cioè nient altro che intelligibili. La cosa,
di cui parla Tommaso, è la cosa conosciuta: e il ragguaglio
o conformità, com'egli pur definisce la verità, non è rela¬
zione dell' intelletto alla cosa, sì della cosa all' intelletto :
« Posta tra questi due intelletti », egli dice nella questione
De ventate1 2 3, ossia tra l’intelletto creatore e il nostro
intelletto, al primo dei quali segue, al secondo precede,
«la cosa naturale è detta vera secondo la sua adeguazione
all'uno e all’altro di essi ». Vera di verità trascendentale
e di verità per noi: ma la verità per noi è fondata sulla
verità trascendentale, perché il nostro intelletto è un ri¬
flesso dell’ intelletto creatore : e quindi la relazione delle
cose al nostro intelletto è affatto secondaria e subordinata
alla relazione essenziale di esse all’ intelletto divino. La
cui esemplarità, per Tommaso come per Bonaventura, è
la norma essenziale delle cose, che dì là traggono la loro
origine. Scientia Dei est causa rerum >.
1 C. geni., i, jy; cfr. Quaesi., I (De verìt.), a. 2; 5. theoi., I, q. XVI,
a. i, 2, e q. XXI, a. 2.
- Quaest., I, (De verit.), a. 2; cfr. a. 4.
3 5. theoi., I, q. XIV, a. 8.