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I. I PROBLEMI DELLA SCOLASTICA
ammani te transcendere. Ulne ergo tende, unde ipsum lumen
rationis accenditur.
io. Una ragione, adunque, per l'uomo, perfettamente
al buio; e costretta a mendicare la luce, che pur le è
indispensabile. E cosi una volontà senza capacità di bene.
La volontà è consiglio, giudizio, desiderio. Il
consiglio sceglie il meglio; ma il meglio è quel che più s’ap¬
prossima all'ottimo, e presuppone quindi la nozione del
sommo bene. — Il giudizio giudica, decreta secondo una
legge ; e dee quindi possedere questa legge, ed essere certo del
suo valore; ossia non solo della sua rettitudine, ma anche
della sua autorità (quod ipsam ludi care non debet), o ne¬
cessità. La legge che l’uomo potesse giudicare, non sa¬
rebbe più legge. La mente, intanto, giudica sempre e
riforma se stessa; segno che la legge, per cui si giudica
ma che non si giudica, è superiore alla mente nostra e
qui soltanto impressa. Il giudizio, insomma, suppone una
legge divina. — Il desiderio, infine, è di quel che ci attira
di più. E più ci attira quel che più si ama ; e più si ama
Tesser beato; e beato si è pel sommo bene. Sì che desi¬
derare non si può se non il sommo bene, o quel che ha
attinenza con esso, o ne ha le sembianze. Tanta è la
potenza del sommo bene, che niente è possibile sia amato
da una creatura se non pel desiderio di esso; e costei
allora s’inganna ed erra, quando accetta per sommo bene
quel che ne è Teffige e il simulacro.
La volontà, dunque, in tutti i suoi momenti è un’atti¬
vità affatto vuota: la sua legge e il suo fine sono fuori
di lei, come il Bene di Platone, e come la retta ragione
(ópOòt; Xóyoi;) di Aristotele, che non può essere se non
una determinazione dell’ intelletto attivo.
ri. Con tutto il suo cristianesimo il mistico non confe¬
risce all’uomo della sua filosofia forza di sorta. Egli s'è