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I. I PROBLEMI DELLA SCOLASTICA
integra e realizza nel giudizio della propria verità: della
propria assoluta verità, -— giacché la verità relativa è
una spiritosa invenzione di filosofi che s’argomentavano
in tempi a noi vicini di ricavare dal miserabile provento
di una esperienza fantasticata come l’inverosimile com¬
mercio del mondo esterno con un soggetto inesistente,
una verità relativa, e punto incommutabile come questa
di frate Bonaventura: nulla sospettando della condizione
ridicola a cui venivano con questa loro invenzione spiri¬
tosa a condannare la verità stessa della loro tesi della
relatività di ogni verità. Pel nostro scolastico, invece, la
verità, anche delle inezie, in quanto giudicate tali o non
tali, era cosa ben salda: era sempre la verità assoluta,
in cui affondava le sue radici ogni giudizio dell' intelletto.
Ed ecco una categoria anche più fondamentale attri¬
buita allo spirito. Ma importa essa, con la sua assolutezza,
l’assolutezza dello spirito ? Sed, cimi ipsa mens nostra sit
commutabilis, Ulani sic incommutàbiliter relucentem non
potest videre nisi per aliquam lucem omnino incommutabi-
liter radiantem, quam impossibile est esse creaturam muta-
bilem. Ahimè ! La divina energia della verità con una
mano è messa sugli altari, con l’altra abbattuta ed in¬
franta. Questa energia o è nostra, o non vale a produrre
la luce del vero che se n’attende e che ci è indispensabile;
perché, se non è nostra, se non è noi, ci toccherà di acco¬
glierne in noi il raggio dall’esterno; e come accoglierlo,
senza giudicarlo con un giudizio, che presupponga già
la luce in noi ? Accogliere la verità senza giudicarla sa¬
rebbe subirla, e non essere certi, di quella certezza che
Bonaventura fa consistere appunto nella luce della verità.
Sicché quest’assoluto, in cui ora risorge il divino, già
intrawisto nello spirito in quanto memoria, ora s’in¬
tende quale valore abbia per lo scolastico: è un semplice
riflesso — metaforico, s’intende, finché non riesca a qual¬
cuno di capire come la luce della verità possa entrare e