SCOLASTICA
2 S I. ! PROBLEMI DELLA
dei rapporti tra Stato e Chiesa, l’imo, si può dire, opera
di Virgilio, e l’altra di Beatrice; quello indirizzato alla
beatitudine terrena, al paradiso terrestre, e questa alla
felicità eterna del celeste paradiso, Dante sta con 1' « ul¬
tima possanza di Soave », con 1’ « ultimo imperator delli
Romani » J, con quel secondo Federico, per cui tanta era
la sua ammirazione, quantunque nella severità della sua
divina giustizia lo dovesse pur condannare alle tombe
infocate come un « epicureo », di quelli « che l’anima col
corpo morta fanno », e che perciò non possono sperare
al lor Virgilio gli estrinseci aiuti d’alcuna Beatrice. Il suo
Stato è all’uomo operatio propriae virtutis, celebrazione
della propria natura; la quale soltanto al celeste paradiso
non può ascendere ni si iumine divino adiuta. Ai fini dello
Stato per philosophica documenta venìmus, dummodo illa
sequamur, secundum virtutes morales et intellectuales ope¬
rando. Alla pienezza della vita terrena I mezzi ci sono
forniti ab huniana fattone, quae per philosophos tota nobis
innotuit2. E però lo Stato, pura opera umana, è indipen¬
dente dalla Chiesa; possiede un valore assoluto, ha in
sé Dio. Il che vuol dire che Virgilio può da se medesimo
uscire dal nobile castello « del vizio senza speme » e muo¬
vere da sé incontro alla virtù stanca del discepolo smar¬
rito. Dante non ha più bisogno di dire a Cavalcante: « Da
me. stesso non vegno !» a
Certo, questo spunto d’immanenza non è svolto: e
rimane in contraddizione col carattere complessivo del
pensiero dantesco. Ma è anche vero che questo spunto
sarà sempre il tratto più brillante, più significativo, più
vivo del pensiero di Dante, ogni volta che gl’ Italiani si
ricorderanno del loro primo padre spirituale per averne
un monito e una parola di missione storica nazionale.
1 Conv.t IV, ni, 6, e Par., Ili, 120,
- Mon., Ili, 16.
? Tnf.. X, 15.