I. LA FILOSOFIA SCOLASTICA IX ITALIA
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Quando questi sogni s'infransero, od ei cercò un pascolo
allo spirito negli studi dei religiosi, le passioni di parte lo
ebbero presto avvolto nelle loro spire, e distratto nelle
cure politiche e negli affanni tempestosi delle lotte citta¬
dine. Uscir dalle quali fu per lui, com'era naturale, un
tornare bramoso a se stesso, allo spirito d’una volta,
dell’età più lieta, alla poesia: alla poesia bensì maturata
nei contrasti del mondo, nella prova dolorosa, nella grave
riflessione dell’uomo, che s’era una volta accostato alla
filosofìa e trovava già nella folta esperienza della storia
più agitata tanta materia di meditazione e tanti spiragli
di verità luminosa. Sicché le sorti della sua vita e gli
ammaestramenti della scuola poterono presto persuaderlo
a comporre in uno tutti i bisogni imperiosi del suo spirito:
tornare alla dolce poesia, ma filosofando; tornare alla
Beatrice degli anni belli, ma per trasfigurarla nella medi¬
tazione degli anni maturi, cui non arridono più gl’ incan¬
tamenti d’amore, e dell’uomo fatto pensoso dal serio spet¬
tacolo del mondo. Non scriverà una somma (per Dante
la somma era stata scritta da Tommaso d'Aquino); ma
qualche cosa di più di una somma, che contiene sì la
verità, ma non più nuda e disamabile, e però imperfetta.
Laddove la forma ideale della verità nuova bandita dal
cristianesimo non avrebbe dovuto esser da meno di quella
che l’antica aveva ottenuta da Virgilio; e doveva riceverla
per Dante in un poema, al quale, quando era presso a
compierlo, ei potè pensare che avessero posto mano cielo
e terra 1 : le celesti ispirazioni della fede e le supreme con¬
cezioni della ragione terrena.
Così la filosofia entrava non solo in quanto pensata e
fermata nella lingua volgare, ma, quel che è assai più,
raffigurata nei fantasmi del monumento più magnifico
della nostra arte, nella letteratura nazionale. Vi entrava
1 Par., XXV, 1-2.