1ÍÍ. IL CARATTERE DELLA FILOSOFÍA ITALIANA
forma sistematica, ed eran battuti in breccia dagli Umani¬
sti, come poi, con maggior vigore, dai filosofi del cadere
del sec. xv e del seguente. Ma i contrasti inevitabili (comin¬
ciarono già col Petrarca, che polemizzò principalmente con¬
tro la logica degli ultimi scolastici) ebbero sempre carattere
episodico ; e scoppiarono soltanto in quei casi in cui i pen¬
satori non stettero scrupolosamente alla consegna di tener
separato il dominio della filosofia, o della scienza, da quello
che la Chiesa giudicò di sua speciale e sacra pertinenza.
E come ci fu un umanismo cattolico, o meglio di cattolici,
che poté vantare alle sue origini un pontefice dei meriti
eccezionali di Niccolò V, così può additarsi in un pio cano¬
nico di S. Maria del Fiore, Marsilio Ficino, la sincera e
onesta alleanza della fede cattolica con quella stessa
filosofia, che, ridotta a più rigorosa coerenza, sarà l’Etica
dell’empio abbonito da tutte le Chiese, Benedetto Spi¬
noza.
Storicamente, l’accordo fu ritenuto possibile e fatto
valere in pratica. Non importa se il letterato, cercando
bene dentro alla propria coscienza la radice dell’uomo,
che avrebbe dovuto alimentare la sua fede di cittadino e
di credente, non ve la trovasse; e fantasticasse, per esem¬
pio, con Pomponio Leto non so quali classiche congiure
nella Roma di Paolo II; o con Tommaso Campanella
una « Città del Sole » comunistica insieme e teocratica
nelle montagne della sua Sila. Non importa se lo stesso
Campanella e Giordano Bruno non si tenessero dal ridere
delle credenze di quella religione che essi professavano;
e il Pomponazzi suggellasse col suicidio quella sua dottrina
tutta negativa e desolante della mortalità dell’anima, che
protestava di professare soltanto come filosofo, anzi come
semplice interprete di Aristotele, rimettendosi sempre
nella sua fede personale agl’insegnamenti della Chiesa;
e il Machiavelli non vedesse nella religione niente più che
uno strumento politico. La dottrina della doppia verità, che