II. BERNARDINO TE LESTO
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cieca, peggio dell’occhio che s’affisi nel sole. E però la
vera sapienza superiore, la celebrazione di questa virtù
culminante dello spirito umano, non è quella che vuole
intendere con la ragione, ma quella, che, messa da parte
la ragione, si propone di vedere Dio e Tesser suo e i suoi
attributi « nelle sacre e divine lettere e nelle stesse parole
di Dio ». Sapienza che, in questa cima, assomiglia, dice il
Telesio, l’uomo agli enti divini, anzi, quanto è possibile,
a Dio.
A questo ideale, dunque, non è dato alla ragione che
spiega la natura elevarsi da sé. Pure è l’ideale che alla
ragione sarebbe impossibile non proporsi, poiché la sua
spiegazione naturale non è senza residuo; e quando essa
scruta il suo mondo, non può non scorgervi dentro Torma
profonda della sapiente azione creatrice di quel Dio, che
gl’incitamenti dell’anima creata gli faranno cercare nella
rivelazione divina. « Giacché », conchiude il Telesio, « chi,
vedendo la costruzione del mondo e la costituzione degli
individui, ma sopra tutto degli animali, non vede che
Dio è sapientissimo, e che delle virtù, che noi possiamo
pensare in lui, la principale debba essere la sapienza;
ei può ben dirsi non solo empio e selvaggio (ferus), ma a
dirittura senza intelletto.
Ora sarebbe falsare la storia e non intendere l’anima e la
mentalità di Bernardino non vedere in questo concetto
della sapienza l’espressione sincera del suo pensiero.
Ma sarebbe anche far torto alTacume speculativo del filo¬
sofo; il quale avrebbe bensì dato prova di più intrepida
cecità materialistica a disconoscere affatto le prove della
sapienza divina nella razionalità e spiritualità di tutta la
natura, così come egli invece la vedeva più vivamente
lampeggiare nella finalità deH’organismo animale; e
avrebbe potuto dissimulare la meraviglia del caso, che il
naturai meccanismo delle nature agenti produca il miracolo
del mondo e del pensiero; ma, per fare una costruzione più