TI. BERNARDINO TELESIO
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accrebbe le avite ricchezze; e certo pensò più a far danari,
che a farsi amare, se nel 1567 i vassalli lo denunziavano al
governo viceregio per luterano; e non essendo riusciti per
questa via a toglierselo di dosso, dodici anni dopo, cre¬
sciuto il malcontento, lo ammazzavano. Paolo e Tom¬
maso furono invece ecclesiastici modesti e caritatevoli:
Tommaso, vescovo di Cosenza dal 1565 al ’69, profuse
il suo a beneficio dei poveri; e aiutò il fratello Bernardino,
lontano il più del tempo da Cosenza e distratto, com’era
naturale, negli studi, a precipitare anche lui in povertà.
Bernardino, nato nel 1509, in una casa di Via Padolisi,
di fronte al monastero delle Vergini, dove il ricercatore dei
ricordi patrii può scorgerne tuttavia qualche rudere; si
allontanò fanciullo da Cosenza, seguendo lo zio Antonio,
umanista dottissimo in latinità e maestro assai valente di
lettere. E con lui era a Milano nel 1518. Da lui dovette
apprendere non solo il latino, che egli, pur contorcendolo
al faticoso periodo della più tarda scolastica, maneggia
con sicura padronanza del materiale linguistico-più puro;
ma anche il greco, poiché egli stesso afferma di avere stu¬
diato la filosofia aristotelica più sui testi originali che sulle
traduzioni latine, il cui gergo gli riusciva incomprensibile V
Con lo zio chiamato a insegnare nel ginnasio romano,
passava a Roma forse sulla fine del J2i, certo prima del ’23.
E vi era nel celebre sacco di quattro anni dopo; anzi fu
fatto prigione, e potè esser liberato dopo due mesi a inter¬
cessione del concittadino Bernardino Martirano, segre¬
tario di Filiberto cl’Orange 2. Onde, poco stante, avendo lo
1 Cfr. il proemio all’ed. 1565 del De rer, princ., dove dice che a lui
solo fu dato « Graecorum monumenta evolvere, Latina non satis perci¬
pienti ignotis referta vocibus». E il D’Aquino, Oraz,2, p. 21, dice che
il Telesio la lingua greca « la parlava, e scriveva così bene che parea
nato in Atene al tempo di Platone o di Tucidide ».
2 Su I Martirano vedi la monografia di F. Pometti (Roma, 1897, nelle
Meni, della R. Acc. Lincei), e cfr. la recensione del Croce in Giorn.
stor. d. lett. ita!., XXXI (1898), pp. 116-22.