II. BERNARDINO TELI.STO
137
zione, era tuttavia la filosofia greca, cioè uno dei due
termini stessi antagonisti.
La filosofia greca è il pensiero che si vede fuori di sé:
e si vede perciò o come natura, nella sua immediatezza
sensibile, o come idea, che non è atto del pensiero che
pensa, ma cosa in cui il pensiero si affisa, e che presup¬
pone come verità eterna e ragione eterna di tutte le cose
e della sua stessa cognizione parallela alla vicenda delle
cose: in entrambi i casi, realtà che è in se stessa quella
che è, indipendentemente dalla relazione in cui il pen¬
siero entra con essa quando la conosce. Visione la più
dolorosa che l’anima umana possa avere del proprio
essere nel mondo: perché l'anima umana vive di verità,
cioè della fede che sia da pensare quello che essa pensa ;
e in quella visione, che è poi la visione eterna della prima
riflessione, da cui si dovrà sempre pigliare le mosse, la
verità, quel che è veramente, non è nell’anima umana.
La cui condizione permanente e a dir vero tragica da
quell’ardente e sensibilissimo amatore dell’essere eterno
o dell’ ideale del mondo, che fu Platone, venne raffigurata
nel mito di Eros: mito pregno, nella sua classica serenità,
di pathos che direi cosmico : perché l'aspirazione fervente
al divino, che è l’Amore di Platone, e che nella sua forma
più alta è la filosofia, non è solo lo sforzo supremo in cui
si concentra l’anima umana, ma culmina in questa e
affatica tutto l’universo, tormentato dal desiderio di
qualche cosa che, essendo il suo vero essere, è fuori di
esso. Mito, che, con tutto il suo pathos, può essere in¬
tanto sereno, perché l’occhio dell’ idealista greco è at¬
tratto dalla bellezza dell’ ideale lontano, e vi si affisa, e
gli sfugge la miseria infinita dell’amante senza speranza.
In questa visione, quando, per opera principalmente
dello stesso Platone, la verità della natura sensibile e mor¬
tale si rifrange nelle forme ideali, ond’essa si rivela al
pensiero ne’ suoi vari aspetti, e diventa sistema di idee,