IV. L INTELLETTO UMANO
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L’anima, incorporandosi, spiritualizza il corpo, e lo rac¬
coglie nel seno della sua ideale natura, per cui potrà
sempre conservare eternizzato un residuo della sua caduca
corporeità di una volta.
Mirabile concetto anche questo, in cui credo che anche
la speculazione medievale abbia fatto il massimo suo
sforzo. Che il vero corpo dell’anima non sia quello che
muore, ma quello che non muore, quello che l’anima cioè,
come esperienza intima, raccoglie e idealizza nel processo
interiore, questo lo pensiamo anche noi come Tommaso.
Non è possibile che il corpo dell’anima, voglio dire di
ciascun’anima, sia altro. Ma Tommaso ammette due
corpi: uno che muore del tutto, in questo mondo, e l’altro
immortale, d’una immortalità che non è punto morte,
in un altro mondo. In sostanza, se la radice dell’ indivi¬
dualità è nella corporeità dell’anima, quella che si porta
dalla vita dell’esperienza l'anima immortale, l’intelletto,
nella dottrina di Tommaso, non è vera individualità;
non è l’individualità di quel corpo caduco, in cui sen¬
tiamo ad ora ad ora la nostra debolezza, il nostro dolore,
la malattia, la morte ; ma l'individualità dell’ immagine
di questo corpo. Simile alla fotografìa, a cui il nostro
cuore ritorna per consolarsi in pietose illusioni quando il
caro capo di chi è caduto intorno a noi non risorge : alla foto¬
grafìa, che resta sì oltre la morte, ma senza la vita, senza
il palpito in cui vibrava la nostra gioia. Il mondo che
si spiritualizza resta un mondo sì d’ individui; ma non
li abbracciate questi individui, come Dante tenterà alla
parvenza del suo Casella: le braccia vi torneranno vuote
al petto. La vita è eternata, ma spenta: gl’ individui sono
sottratti al tempo, ma sono ombre.
16. La realtà, la realtà vera, la realtà in cui soltanto
noi possiamo credere, per cui solo possiamo lavorare e
combattere, e, in una parola, vivere; la realtà che è eterna,
9. — (¡UNTILE, I problemi, della, sfoltisi ira.