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STUDI VICHIAN1
verso Dio è parte dell’ infinito amore onde Dio ama se
stesso l.
Lo stolto, vinto dalle passioni, ci rimette la propria
felicità: perché la virtù, come dice Spinoza, è premio a
natura sequitur formaliter, id omne ex Dei idea eodem ordine
eademque connexione sequitur in D e o obiective»: che è il verum
factum convertuntur rispetto a Dio, di Vico. — Per Spinoza (Eth., I,
app.) il concetto delle cause finali è antropomorfico (quod scilicet com¬
muniter supponant homines, omnes res naturales ut ipsum propter finem
agere) e l’interrompere la ricerca delle cause meccaniche ricorrendo
ad Dei voluntatem è un ad ignorantiae asylum confugere. E Vico: «Gli
uomini ignoranti delle naturali cagioni che producon le cose, ove non
le possono spiegare nemmeno per cose simili, essi dànno alle cose
la loro propria natura....», e « La fisica degli ignoranti è una volgar
metafisica, con la quale rendon le cagioni delle cose eh’ ignorano alla
volontà di Dio, senza considerare i mezzi de’ quali la volontà divina
si serve » (dign. XXXII e XXXIII). — E altri riscontri si possono
aggiungere come i seguenti : « Primum verum metaphysicum et primum
verum logicum uqum idemque esse »: Vico, Notae al Diritto Univer¬
sale, in Opere'1, ed. Ferrari, III, 21 [Scienza Nuova1, dign. CVI: «Le
dottrine debbono cominciare da quando cominciano le materie che
trattano»; cfr. pure dign. LXIV). Cfr. Spinoza, Eth., I, io sch. —
« La fantasia tanto è più robusta quanto è più debole il raziocinio » (Se.
N.1, dign. XXXVI; e cfr. oltre, pp. 84Sgg.). Cfr. Spinoza, Traci. Theol.-
pol., c. 2: « Nam qui maxime imaginatione pollent, minus apti sunt
ad res pure intelligendum, et contra, qui intellectu magis pollent,
eumque maxime colunt, potentiam imaginandi magis temperatam,
magisque sub potestatem habent et quasi freno tenent, ne cum in¬
tellectu confundatur ». — Anche per lo Spinoza (Eth., IV, 37 sch. 1
e 68 sch. e le note mie aW’Ethica, Bari, Laterza, 1914, parte IV, nn. 40,
89) la religione è, come pel Vico, il principio della vita civile dell’uma-
nità. — A Spinoza manca certamente la profonda teoria vichiana del
certo (v. oltre, pp. 120 sgg.) ; ma un accenno a questo concetto è
nella sua dottrina del valore probativo dei fatti storici {a proposito
delle profezie) nel Trattato teologico-politico. Notevole questo luogo
delle Annot. in Traci, ih.-poi., Vili, in Opera1, Vloten-Land, II, 177:
« Per res perceptibiles non illas tantum intelligo, quae legitime de¬
monstrantur, sed etiam illas, quae morali certitudine amplecti et sine
admiratione audire solemus, tametsi demonstrare nequaquam possunt.
Euclidis demonstrationes a quovis percipiuntur priusquam demon¬
strantur. Sic etiam historias rerum tam futurarum quam praeteritarum,
quae humanam fidem non excedunt, ut etiam jura, instituta et mores,
perceptibiles voco et claros, tametsi nequeunt mathematice demonstrari.
Caeterum hieroglyphica et historias, quae fidem omnem excedere
videntur, imperceptibiles dico......
1 Eth., V, prop. 36. Era dottrina neoplatonica. Mi piace citare qui
un luogo di un nostro neoplatonico, di cui subì l’influsso anche Spi¬
noza, Leone Ebreo; il quale nei Dialoghi di amore (1516) dice che