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STUDI VICHIANI
Boyle con la sua fisica da tutti vantata ; ed egli potè con¬
sentire con gli scettici della scienza della natura, e, oltre
Platone raffigurante l'uomo quale deve essere, leggere
Tacito che lo rappresenta quale è, e in Bacone ammirare
il magnanimo programma della storia umana futura.
Questo umanesimo è dentro lo stesso vecchio cervello del
platonico filosofante; e preme da dentro per rompere la
corteccia, o scioglierla, piuttosto, e riassorbirla nel cir¬
colo della sua vita. Poiché Vico non resterà di qua da
Cartesio e da Bacone; anzi se li lascerà indietro; ma con
quanta fatica, si sforzerà di procedere, e di dare intera la
vita a quell’umanesimo che gli si agita dentro ! Né dalla
contraddizione si libererà mai del tutto.
Quando nel dicembre 1697 si bandisce il concorso per
la cattedra di rettorica dell’universià, qual meraviglia
che il nostro umanista, abituato a cercare il pensiero
nelle parole, e nelle parole il pensiero, lettore assiduo di
poeti e di filosofi, a intelligenza del suo diritto romano,
vi si inscriva ? Il 31 gennaio 1699 è nominato professore
di rettorica, alla cattedra di cui si dovrà contentare per
tutta la vita. Ma qual meraviglia se il nuovo professore,
dovendo per 1' ufficio suo recitare nell’annuale inaugura¬
zione degli studi un discorso d’occasione, trasformerà
ogni volta l’ordinaria parenesi rettorica in una medita¬
zione filosofica ?
II.
I primi documenti diretti del pensiero filosofico del
Vico (poiché finora abbiamo ragionato dei suoi primi
studi vagliando i suoi ricordi, non anteriori al 1725),
sono le sei orazioni inaugurali da lui scritte tra l’otto¬
bre 1699 e l’ottobre 1707: la prima e le ultime quattro