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STUDI VICHIANI
non glielo raddoppiò; nello stesso anno che il nuovo re Carlo
di Borbone, seguendo il suggerimento del suo cappellano mag¬
giore, uomo di larga mente e dottrina, molto benevolo esti¬
matore di Vico, lo nominò istoriografo regio con altri cento
ducati di assegno. Ma nel 1735 Vico era già presso che al ter¬
mine della sua carriera; e se fin allora, pur tra disagi, rinunzie
e sacrifizi inenarrabili aveva potuto trascinare avanti resi¬
stenza, s'era dovuto aiutare con i proventi d’uno studio privato
di rettorica, aperto in una sua casetta in Vicolo dei Giganti,
mutata cinque anni dopo in altra alquanto più ampia al largo
dei Gerolamini, dove rimase fino al 1733. Cambiò casa ancora
tre volte; e finalmente nel ’43 andò ad abitare ai Gradini
dei Santi Apostoli, dove morrà nella notte dal 22 al 23 gennaio
dell’anno dopo.
Appena ottenuta la cattedra universitaria, Vico non per¬
dette tempo: sposò una povera donna analfabeta e, quel che
è più, inetta al governo della casa; e ne ebbe via via otto
figli, cinque dei quali sopravvissero; e due procurarono al
padre grandi gioie, ma uno altresì dolori acerbissimi. Com’egli
vivesse in mezzo ad essi fanciulli, lo dice egli stesso nell’accenno
che reiteratamente 1 fa ne' suoi scritti al costume suo di medi¬
tare e scrivere in mezzo alle conversazioni dei familiari e allo
strepito de' figliuoli. Altro che la quiete e il silenzio di cui sente
il bisogno ogni scrittore !
v.
Ma la stessa cattedra modesta avuta in sorte gli procurava
almeno una volta l’anno una segnalata soddisfazione; poiché
al professore di Eloquenza spettava di leggere, nel giorno del-
l’inaugurazione degli studi, un’orazione latina, sopra argo¬
mento d’interesse generale e filosofico, alla presenza di tutti
i colleghi e degl’ illustri personaggi che erano invitati allora
come oggi a tale solenne cerimonia. Vico ne aveva occasione
1 Autob., pp. 38, 46.