STUDI VICHIANI
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il gusto d’una metafìsica che andò a genio al giovinetto al¬
lora forse quindicenne, gli parve che troppo costui andasse per
le lunghe con le sue scolastiche distinzioni e sottodistinzioni;
e si ritrasse pertanto da capo a studio privato, e da sé condusse
a termine, con grande applicazione, il corso di filosofìa; dal
quale si accedeva alla Università. In questa, dopo avere fatto
da sé, solo frequentando per un paio di mesi lo studio d'un
canonico vicino di casa, insegnante di diritto di molta fama,
s’immatricolò nel 1688 alla facoltà di Leggi; e vi fu iscritto
per quattro anni. Ma non vi mise mai piede, dividendo il suo
tempo tra gli studi giuridici, i letterari e i filosofici, pei quali
allora come sempre qui a Napoli grande era l’interesse delle
persone colte. Una volta tentò i tribunali, in una causa civile,
in difesa del padre. E la fortuna gli arrise; ma sentì egli che
non era nato per la carriera forense. Accettò l’offerta di re¬
carsi a Vatolla, nel Cilento, precettore privato in casa di certi
signori. E lì rinvigorì la salute, che tia gli stenti di Napoli
era minacciata da tisi; e lontano dalle angustie familiari
ebbe per nove anni ozio e serenità d’animo e agio per compiere
il maggior coi so, com’egli più tardi ricordava, de’ suoi studi.
in.
Non aveva peraltro trovato la sua via. Le letture dei libri
recenti di cui nelle sue gite a Napoli si provvedeva, non erano
ordinate. Ma ogni autore metteva in movimento lo spirito
del giovane, lo faceva pensare. E quelle meditazioni assidue
erano più feconde d’ogni più metodica lettura. Ci rimane di
quel tempo una canzone Affetti di un disperato, documento del
pessimismo a cui di tratto in tratto lo spingevano l’incertezza
dell’avvenire, il pensiero della famiglia lontana miserabile,
e sopra tutto il bisogno inappagato di trovare, in quella sua
indole raccolta e meditabonda, una soluzione a certi problemi
angosciosi. Erano i problemi che letture e forse ricordi di
conversazioni avute a Napoli coi letterati inclini all'ateismo
venuto di moda tra gli spiriti forti, gli ave van fatto intrav-
vedere prima confusamente, poi scorgere in maniera sempre