VI. IL FIGLIO DI G. B. VICO 281
Gli scavi di Pompei, com’è noto, furono intrapresi nel¬
l’aprile 1748 r; ma rimasero presto interrotti; e s’è visto
che Gennaro ne faceva un’eredità di gloria lasciata da re
Carlo a Ferdinando. Certo, il nome del figliuolo del Vico
va ricordato tra coloro che incitarono efficacemente a
quest'opera importantissima. E, come già altri ha notato 2,
a torto è dimenticata la sua monografia su Pompei, la cui
parte più notevole è, come si disse, riferita dal Napoli-
Signorelli nella sua Storia dell’ Accademia delle scienze e
belle lettere. In questa monografia è innegabile profonda
conoscenza e acuta critica delle fonti letterarie.
Chi vorrà studiare il bel tema degli studi d’erudizione
antica in Napoli durante il sec. XVIII, non potrà tra¬
scurare questo scritto del Vico, e il frammento che ci resta
dell’altro su Locri. Ma non è qui il luogo di farne parti¬
colare esame. Dirò soltanto che ci si vede l’erudito, ma
non l’antiquario di professione. Rifiutate le leggende, non
subentra lo sforzo di spremere dalle scarse testimonianze
superstiti quello che esse non possono darci; e il buon
senso mette in guardia contro le sottigliezze e gli artifizi
congetturali, che facilmente attraggono lo studioso dell’an¬
tichità. Ciò è particolarmente notevole nella relazione sulla
memoria del Finamore intorno alle origini di Lanciano;
dove, nonostante la « cadente età » e la « languidezza dello
spirito », accusate sul principio dall’autore, spunta qua
e là anche il bonario sorriso del buon senso contro certi
arzigogoli del Finamore, per ottenere che 1’ Accademia
riconoscesse nell’antica Lanciano un municipio anzi che
una colonia romana. Dopo un minuto esame delle epigrafi
lancianesi mandate dallo stesso Finamore all’ Accademia,
1 Fiorelli, Descriz. di Pompei, Napoli, 1875, p. 22; o Pomp. antiq.
historia, Neapoli, 1860, dov’ è la storia degli scavi.
2 Beltrani, La R. Acc. di scienze e belle lett., p. 37. Il lavoro del
Vico non è citato, nota lo stesso Beltrani, p. 88, nella Bibliografia di
Pompei, Ercolano e Stabia di Friedrich Furcheim, Napoli, 1901.