Full text: I problemi della scolastica e il pensiero italiano (12)

II. I.A VERITÀ 
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Quando, insomma, dalla esperienza si passa alla prima 
forma di elaborazione che ne fa l'attività logica dell' in¬ 
telletto e si ripensa il pensiero, e si organizza secondo i 
rapporti che i concetti hanno tra loro, come avevano 
insegnato Aristotele e Porfirio, l'assoluto, l’eterno, l'atto 
puro, il perfetto, l’immanente, tutti gli attributi onde si 
concepisce il divino, si scorgono come il presupposto im¬ 
plicito d’ogni pensiero; e niente si pensa, senza pensare 
Dio. Pensato Dio, tutto s'illumina; non pensando Dio, 
tutto s’offusca e si perde nella notte più fitta. Prima il 
divino riluceva nello stesso soggetto del pensiero, in 
quanto memoria: ora irrompe e s’accampa nell’oggetto del 
pensiero, in quanto intelletto. 
Ma l'intelletto procede dai termini alle proposizioni : 
e allora insegnava Aristotele sorge la questione della verità. 
Ricordate il principio del De interpretatione ? « Nella sintesi 
e nella dieresi c’è il falso e il vero. E così i nomi e i verbi 
per se stessi sono come il concetto senza sintesi e senza 
dieresi, per es., ‘ uomo ’ e 4 bianco ', se non s’aggiunge 
altro ; ché ancora non è né falso né vero ». Pensare vero 
o falso non si può dunque senza giudicare, mettere in 
rapporto, positivo o negativo, un predicato con un sog¬ 
getto. Kant dirà senz’altro: pensare è giudicare. Bonaven¬ 
tura dice : l’intelletto giudica, quando ha la certezza della 
verità del giudizio; certezza che è sapere: sapere cioè che 
l’intelletto non può ingannarsi nel giudizio suo. Scit enim, 
quod veritas illa non potest aliter se habere ; scit igitnr, 
illam veritatem esse incommutabilem. Parole d’oro, che tanti 
non sono neppur oggi in grado di ripetere. Ogni giudizio 
è un doppio giudizio; ogni atto di coscienza è insieme 
atto di autocoscienza; e perciò il pensiero non è mai 
fatto, ma valore. 
Bonaventura non dice nettamente tutto questo; ma 
nel suo linguaggio dice altrettanto. Dice che l’atto del 
giudicare si addoppia ed afforza, anzi, a dir proprio, si 
4. —- Gentile, I pTobUmi della scolastica.
	        
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