II. LA VERITÀ
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que, una triplice potenza spirituale, il cui atto è memo¬
ria, intellezione, eiezione.
La memoria non è la conservazione e riproduzione del
passato; ma si estende al passato, al presente e al futuro,
alle cose corporee e alle semplici, alle temporali e alle
eterne. Abbraccia il ricordo e insieme la percezione del
presente (susceptio) e la previsione che dal passato induce
il futuro ; tutta insomma la esperienza, onde si costituisce
il patrimonio conoscitivo dello spirito. Ma con la espe¬
rienza comprende quelle condizioni che ne sono il presup¬
posto; e che vanno distinte in due classi : una dei sem¬
plici, che sono principii delle quantità continue e delle
discrete: come il punto, l’istante e l’unità, senza i quali
è impossibile ritenere (memìnisse) e pensare tutto ciò che ne
è principiato ; l’altra dei principii delle scienze e di¬
gnità (come allora latinamente si dicevano gli assiomi
e come tornerà a dirli Meo) che sono appunto qualche
cosa di eterno: dignità e principii innati nel senso appunto
di Leibniz; quia nunquam palesi sic oblivisci eoruni, cluni
ratione utatur, quin ea audita approbet et eis assentiat,
non tanquam de novo percipiat, sed tanquam sibi innata et
familiaria recognoscat. Tale il principio di contraddizione;
tale l’assioma che il tutto è maggiore della parte.
Questa memoria, che all’ ingrosso dunque corrisponde
alla materia e alla forma dell’esperienza, quale 1’ intende
Kant, rende immagine della divinità; perché, considerata
come materia dell’esperienza, ci porge l’effigie dell’eterno,
« il cui presente indivisibile si estende a tutti i tempi » ;
considerata come forma, per quelle nozioni semplici, che
sono i principii delle quantità, ha qualche cosa della pro¬
duttività propria di Dio, mostrando di potersi formare
non solo dall’esterno per le rappresentazioni sensibili, ma
anche attingendo a una sorgente superiore, a quelle forme
semplici, che essa ha in sé e che non possono entrare dalle
porte dei sensi o dalle percezioni sensibili; e per i principii