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LA VERITÀ
i
i. Nei primi giorni dell’ottobre 1259, il settimo generale
dei frati minori, dopo Francesco d’Assisi, Giovanni Fi¬
danza (1221-1274), in religione frate Bonaventura da
Bagnorea, saliva in cerca di pace il « crudo sasso, intra
Tevere ed Arno », dove Francesco, trentacinque anni
prima, macerato dai digiuni e dalle preghiere, aveva preso
da Cristo 1' « ultimo sigillo », che le sue membra portarono
quindi per altri due anni: saliva, in cerca di quella pace
estatica, a cui aspira la contemplazione. Ma sull'Alvernia
alla tepida anima del discepolo non soccorse la visione
ingenua, in cui s’era estasiato lo spirito ardente, ma più
schietto e più semplice, del padre Francesco: la visione
del serafino, del profeta, dalle sei ali.
Il discepolo era un dottore, due anni prima solenne¬
mente laureato nello studio di Parigi, dove aveva impa¬
rato come Tardore stesso di padre Francesco da volo
dell’anima innamorata di Dio potesse trasformarsi nel
metodo di una dottrina: metodo, di cui l’amore da parte
del soggetto e la grazia da parte dell’oggetto fossero bensì
l’espresso presupposto, ma che, date le condizioni neces¬
sarie, non assolveva l’atto essenziale mistico in uno slan¬
cio immediato, sì lo mediava e spiegava in una serie di
gradi laboriosi, fondati con logica intellettualistica sulla