IIT. IL CARATTERE DELLA FILOSOFIA ITALIANA 221
convenne, che potessero vivere ed esplicarsi interamente
astraendo dalla vita reale, e senza incontrarsi perciò né con
le leggi dello Stato, né con quelle della potestà ecclesiastica.
E così avvenne che l’uomo si dividesse in due parti: una
da abbandonarsi alla Chiesa e al Principe; poiché era il
tempo che attraverso la Signoria si veniva costituendo lo
Stato moderno come organismo essenzialmente politico;
ma l’altra, chiusa in sé e sequestrata dalla vita, libera di
spaziare senza lacci di premesse prestabilite, nella sicura
espansione della creazione artistica e della ricerca razio¬
nale. Di modo che e il movimento umanista, che in filosofia
metterà capo al platonismo fiorentino e al nuovo aristo¬
telismo di Padova e di Bologna; e il naturalismo, apparen¬
temente antitetico, di Leonardo e di Machiavelli, di Telesio,
di Bruno e di Campanella, hanno una radice comune e
un medesimo significato. Sono la riscossa dello spirito
verso la libera manifestazione delle sue energie e la imma¬
nente comprensione della realtà, al cui cospetto l’uomo,
nello stato della coscienza ingenua, si trova: sono la prima
negazione del trascendente e insieme la prima afferma¬
zione della libertà dell’uomo. Il quale in Italia infatti
acquista la coscienza, tutta propria dell’età moderna, del
proprio valore e della propria potenza nel mondo : pren¬
dendo le mosse dalle dispute umanistiche intorno al potere
della fortuna e alla nobiltà, e giungendo fino al grande inno
religioso del poeta filosofo, che dalla spelonca del suo
Caucaso napoletano, novello Prometeo, lancia il suo grido
per la Germania reverente al mondo : Pensa, uomo, pensa !
La rottura e la separazione tra l’uomo pratico e l'uomo
di studi non avvennero già senza difficoltà e contrasti:
anche perché la tradizione filosofica della Chiesa aveva or¬
mai saldati legami indissolubili tra la teologia dommatica e
dottrine logiche e metafisiche, che nelle ultime scuole
medievali, nel sec. xm, avevano raggiunto la più solida