11. BERNARDINO T ERESIO I5T
dell'oro, nel vangelo rinnovatore e iniziatore di un’era
nuova già fin da principio perfetta, o, per lo meno,
se verità accessibile a mente umana, nell’insegna¬
mento degli antichi, venuti crescendo perciò sempre
più nella venerazione dell’universale e illuminandosi della
aureola della saggezza, onde agli occhi dei fanciulli si
ricinge sempre la canizie dei vegliardi. -— Sì, è vero, si
comincia a dire sulla fine del sec. xvi : la sapienza cresce
cogli anni; ma i vecchi siam noi, non quelli che furono
prima di noi, — Così dice Bruno; e così ripeteranno Baco¬
ne e Cartesio, Pascal e Malebranche, e poi con voce ognora
più alta tutti i filosofi moderni r. I quali affermeranno con
coscienza sempre più salda la legge del progresso del sapere
e della verità: il valore serio, divino della storia, come
sviluppo, che è incremento continuo della realtà. Sicché i
vegliardi di una volta si trasfigurano in fanciulli; e i già
fanciulli, usciti di minorità, e abbandonato alla scuola dei
pedanti (come allora cominciarono a dirsi) il culto
degli antichi, acquistano il giusto orgoglio degli uomini
fatti, e la coscienza della propria capacità dì concorrere
al progresso della scienza.
Che anzi questa uscita di minorità, nella sua primitiva e
ovvia forma di reazione al lungo servaggio passato, scoppia
come ribellione, e si ricompone tardi e lentamente a equo
giudizio storico delle benemerenze incontestabili degli
antichi. Così, se una volta, come notava nel sec. xn Gio¬
vanni di Salisbury, Aristotele era stato il filosofo per anto¬
nomasia 2, e nessuno si scandalezzava della fanatica iper¬
bole di Averroè che nello Stagirita vedeva « la norma della
natura e quasi un modello, ond’essa avesse cercato di
esprìmere il tipo delbumana perfezione 3 »; nel Cinque-
1 Cfr. la mia nota Veritas fiha temporis, ora nel voi. G. Urano e il
pensiero del Rinascimento, Firenze, Vallecchi, 1920.
2 Metal,, libr. II, c. 16 e Policr., VII, 16.
3 Renan, Averroes \ pp. 55-6.