IT. BERNARDINO TERESIO
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presuppongono nel loro concetto di « cose da conoscere ».
Mente, insomma, per cui c’è il mondo, ed essa, per cui il
mondo è, non è. E in altri termini l’uomo, questo divino
artefice di quanto è beilo e santo e vero nel mondo, di
quanto ci umilia e ci esalta, ora facendoci piegar le ginoc¬
chia innanzi alla potenza terribile del genio, ora subli¬
mandoci nel gaudio di quanto trascorre immortale i secoli
e aduna nel consenso d’uno spirito solo i morti coi vivi;
quest’uomo, annichilato. Annichilato, s’intende, ai propri
occhi, nella coscienza che ha del suo essere.
Di un uomo così, ignaro del proprio valore, men che
atomo disperso nell’infinito, Chiesa ed Impero, accampatisi
immediatamente come rappresentanti di Dio, possono
disporre a lor talento, come di cose che non sono persone.
Manca la coscienza, e manca perciò l’individuo: non c’è
la libertà, come coscienza della propria legge. La legge,
come la verità, scende dall’alto.
Ma era questo il principio del cristianesimo? Il cristia¬
nesimo voleva essere, al contrario, la redenzione, la riven¬
dicazione del valore dell'uomo; voleva sollevare l’uomo a
Dio, facendo scendere Dio nell’uomo, e rendendo questo
partecipe della natura divina. Giacché in Gesù, che è l’uomo
stesso nella sua idealità, quale esso dev’essere concepito,
Dio era uomo: con tutte le miserie umane, soggetto alla
estrema delle miserie, la morte; ed era Dio (quel Dio,
che redimeva) in quanto questo uomo, che eroicamente
affrontava la morte, in questa otteneva il premio della
missione della sua vita tutta spesa umanamente in un’ope¬
ra d’amore.
Sicché l’amore risorgeva, non più, come nel mito pla¬
tonico, contemplazione desiderosa dell’ irraggiungibile, ma
attività dell’uomo che crea se stesso perennemente: e non
era più la celebrazione estatica di un mondo che è, ma la
celebrazione operosa, dolorosa insieme e letificante, di un
mondo, che è regno di Dio essendo la purificazione della